Faleria, Viterbo

sabato 4 luglio 2009

   

 

                                   

 

                                   

 

 

 

Energia pulita... come?

Varie soluzioni

ecosostenibili per evitare

l'ulteriore asservimento

della Tuscia alle esigenze

di Roma

 

                                   

 

                                   

 

 

 

Fonte: Ufficio Stampa Circolo Vegetariano VV.TT.

- Comunicazione di Servizio Pubblico

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

Valle del Treja - Panorama e il Monte Soratte dai ruderi del Castello di

Foiano, Faleria

(Foto © Luca Bellincioni)

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

Da quando mi sono espresso

sfavorevolmente all'installazione di

impianti eolici di grossa portata nella

Tuscia ho ricevuto appunti e critiche

anche da alcuni amici (in particolare

Peter Boom, un olandese che mi ha

fatto presente come in Olanda stiano

risolvendo il problema energetico

proprio con l'eolico), essi mi dicono

che se non utilizziamo le fonti

energetiche rinnovabili continueremo

ad andare avanti con il petrolio, o

peggio con il carbone ed il nucleare.

   

 

                                   

 

                             

 

                                   

 

                         

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A voce spiego che l'eolico "pesante", con grandi e

numerosi piloni concentrati in aree vergini del

territorio, è assolutamente non ecologico perché

rovina il paesaggio e richiede una serie di strutture

di appoggio che fanno degradare le aree prescelte.

 

Sento però la necessità di precisare - a questo punto

- quali sono i modi ed i luoghi idonei per l'utilizzo

dell'eolico.

 

 

Tanto per cominciare è necessario smetterla con la

produzione elettrica superflua, bisogna decentrare e

non fare grossi impianti, inoltre bisogna mettere i

piloni eolici nei pressi delle aree industriali dove

occorre l'approvvigionamento energetico.

 

È ridicolo creare dei grandi parchi eolici in zone

verdi per poi convogliare l'energia così prodotta,

tramite centraline ed elettrodotti, alle fabbriche.

 

 

Questo è un sistema assurdo che comporta una

grande dispersione di elettricità.

 

Per non rovinare le aree di pregio ambientale è

meglio istallare i piloni lungo le autostrade, ad

esempio, od in altri ambiti già dedicati a strutture di

servizio, in cui l'impatto visivo non è fastidioso.

 

 

La cosa più importante è comunque spingere per la

produzione energetica locale, da fonti rinnovabili,

evitando la produzione energetica concentrata.

 

Consideriamo poi l'alternativa della produzione

elettrica con impianti di biogas, recuperando così i

liquami delle metropoli, le deiezioni degli

allevamenti, gli scarti organici, etc.

 

 

Se Roma usasse i suoi rifiuti organici per la

produzione elettrica questa basterebbe a far

funzionare l'intera città.

 

Il problema di dover mantenere le centrali di

Civitavecchia e Montalto di Castro scomparirebbe

d'incanto.

 

 

Attualmente a Torre Valdaliga nord (Civitavecchia) è

stata fatta la riconversione di una parte della centrale

al cosiddetto "carbone pulito".

 

Questo secondo alcuni amministratori è un passo

necessario per l'abbassamento del tasso

d'inquinamento ma i fatti stanno clamorosamente

smentendo questa diceria ed oggi c'è una forte

protesta sul territorio per via delle ricadute

ambientali, sulla salute, sull'agricoltura, etc.

 

 

E qui debbo dire che capisco perfettamente i

comitati spontanei che si oppongono al carbone,

infatti le popolazioni si vedono inquinare (senza

vantaggi di ritorno) per scelte non loro.

 

Capirei allo stesso modo le proteste degli abitanti

dell'arco alpino che vivono a ridosso delle centrali

nucleari Francesi.

 

 

"Ma per qualsiasi soluzione energetica - così si

lamentano i furbi amministratori - c'è sempre

qualcuno che protesta, sia che si tratti di nucleare,

carbone, eolico, etc."

 

In realtà è proprio nel dimensionamento degli

impianti che sorgono i problemi, è nella grandezza

delle centrali e nella concentrazione produttiva che

si crea inquinamento su un territorio.

 

 

Da qui si arguisce che occorre tornare alla

produzione energetica parcellizzata, utilizzando le

varie fonti presenti localmente, per soddisfare le

esigenze di ogni singolo Comune, Provincia o

Regione.

 

Non servono, e sono nocivi, grossi impianti come

Civitavecchia e Montalto di Castro, che assieme

fanno il polo energetico più grande d'Europa.

 

Ma le "grandi opere" piacciono sia ai politicanti che

agli imprenditori (talvolta di malaffare).

 

 

Vorrei continuare questo discorso riprendendo

l'analisi del percorso della produzione energetica in

Italia, che già feci in passato.

 

Noi compriamo energia elettrica dalla Francia ma le

loro centrali sono ai confini con l'Italia (che è un

paese denuclearizzato).

 

 

Queste incongruenze della povera Italia hanno una

storia lunga dietro….

 

La storia inizia con il "boom" economico del

dopoguerra, con la creazione dell'ENI e con la

scomparsa (uccisione?) di Mattei il suo Presidente

battagliero che si era messo in testa di rendere il

nostro paese "autonomo" dal punto di vista

energetico.

 

 

L'autonomia dello Stivale non è mai piaciuta alle

Grandi Potenze, l'Italia poteva anche sviluppare una

sua economia industriale purché restasse succube e

ricattabile.

 

Vedi ad esempio, una cosa che può sembrare

banale, la sostituzione della canapa (che per legge fu

proibita in seguito al trattato di pace con gli USA)

per poter introdurre il nylon e le fibre sintetiche.

 

 

Ma andiamo per ordine.

 

Il nostro Paese sino alla fine degli agli anni '50 ed in

parte '60 del secolo scorso ricavava la massima parte

di energia elettrica per mezzo di centraline

idroelettriche poste lungo i fiumi che scorrono nel

mezzo di tutte le città italiane (infatti le città una

volta nascevano proprio lungo i fiumi per ovvia

ragione approvvigionativa).

 

Ricordo ad esempio che quando abitavo a Verona

andavo spesso a passeggiare in periferia e sulla diga

che sbarrava l'Adige e da cui si ricavava l'energia per

tutta la città.

 

 

Sino ad un certo punto questa produzione

energetica localizzata funzionò, il problema di

ampliarne la quantità venne solo con l'avvento del

modello consumista, per produrre utensileria

perlopiù di plastica, quali:

suppellettili, mobili, giocattoli, stoviglie, etc.

 

Da quel momento l'Italia si piegò al sistema della

produzione elettrica concentrandola in grossi

impianti che funzionavano (e funzionano) ad olio

combustibile.

 

Sappiamo quali erano gli interessi delle case

produttrici del petrolio e così andò a finire che

diventammo sempre più schiavi di scelte economico-

politiche "atlantiche" che non erano per nulla negli

interessi nazionali.

 

 

Poi ci provammo con il nucleare, anche questo non

per nostro interesse, ma fu abbandonato in seguito

ad un referendum nazionale.

 

Ci abbiamo infine riprovato con il metano ma anche

questo (lungi dalla ricerca di fonti nostrane) arriva da

paesi che possono chiuderci i rubinetti - Russia ed

Algeria - anche perché le condotte italiane sono

"terminali" ovvero non "transitano" sul nostro

territorio nazionale ma finiscono qui…

 

 

Torniamo ora a parlare di come si potrebbe risolvere

il problema energetico nella penisola.

 

Dicono che il "carbone" sia meno inquinante del

petrolio ma anch'esso viene importato come il

metano, il petrolio e come lo sarebbe l'uranio, se si

volesse tornare al nucleare.

 

 

Di cosa è ricca l'Italia?

 

Per antonomasia canora si dice "chisto è 'o paese do

sole..." quindi si potrebbe ricorrere al solare, ma

attualmente i pannelli solari anch'essi inquinano,

soprattutto nella fase produttiva del silicio

necessario al loro funzionamento, occorre perciò

sviluppare la sperimentazione e la ricerca sui

pannelli solari per allungarne la capacità di raccolta

e la durata (che oggi arriva a circa vent'anni).

 

 

Ciò non sarebbe però sufficiente - nell'immediato -

per soddisfare le esigenze della grande industria del

futile.

 

Si potrebbero allora realizzare impianti ad idrogeno,

in effetti i motori ad idrogeno esistono da anni (basti

pensare ai razzi che vanno a questo propellente) e

tra l'altro la scissione dell'acqua in idrogeno ed

ossigeno sarebbe facilmente ottenuta con pannelli

solari, ma l'idrogeno non piace ai potentati

economici che campano sul petrolio.

 

 

Si potrebbe ricorrere all'eolico diffuso, come sopra

spiegato, oppure alla geotermia e persino ai

famigerati "termovalorizzatori" ma anche questi

inquinano (la cosa da ridere è che inviamo la plastica

differenziata delle nostre immondizie in Germania,

pagando per lo smaltimento, e poi la Germania con

essa ci produce corrente elettrica che rivende

all'Italia…e noi paghiamo 2 volte…).

 

Resta la soluzione più logica ed economica, oltre al

piccolo eolico ed al solare ove possibile, e cioè la

riconversione dei rifiuti organici e dei liquami in

biogas, un ciclo concluso.

 

 

Ad esempio in molti paesi dell'Asia nei villaggi si

produce elettricità dal gas ottenuto con la cacca

degli umani e degli animali.

 

Insomma tutte queste opzioni potrebbero andar

bene… l'importante - per ora - sarebbe diversificare

al massimo e cercare di rendere la produzione

energetica il più possibile "autonoma" e quindi non

soggetta a ricatti esterni.

 

Ma per far questo serve una chiara volontà e

coraggio politico e soprattutto un reale

decentramento produttivo.

 

 

In conclusione:

riempire la Tuscia di nuovi impianti, che siano essi

sostenibili od insostenibili, risulterebbe in un suo

ulteriore asservimento alle esigenze metropolitane,

che prevedono l'impoverimento e la distruzione del

territorio per consentire il mantenimento della

pigrizia amministrativa e della cecità ecologica.

 

La Tuscia non può continuare ad essere la

pattumiera di Roma e luogo d'ubicazione per

scomodi servizi.

 

 

Paolo D'Arpini

Presidente del Circolo vegetariano VV.TT.

01030 Calcata (VT)

sito web www.circolovegetarianocalcata.it 

mail circolo.vegetariano@libero.it

telefono 0761-587 200

 

 

L'articolo è ripubblicato da

altracalcata-altromondo.blogspot.com